L’Ufficio Valutazione Impatto di Palazzo Madama pubblica uno studio sugli effetti della politica di coesione nel vecchio continente e, passando in rassegna le più recenti analisi di impatto, traccia un bilancio anche per l’Italia: nel Mezzogiorno anni di interventi ma ancora forti ritardi di sviluppo.
La politica di coesione – uno dei più importanti programmi al mondo in termini di impegno finanziario, estensione geografica e arco temporale – nata con la mission di redistribuire la ricchezza tra regioni e Paesi e stimolare la crescita nelle aree in ritardo di sviluppo, vanta tre decenni di storia. Eppure, le disparità economiche e sociali in Europa non sono state ancora superate e contribuiscono, anzi, a indebolirne la stabilità. In Italia più che in altri Paesi.
A rilasciare una diagnosi piuttosto critica sull’efficacia della politica di Bruxelles nel vecchio continente è l’Ufficio Valutazione Impatto del Senato. In un rapporto appena pubblicato dal titolo L’impatto della politica di coesione in Europa e in Italia, l’organo tecnico di Palazzo Madama esamina i più recenti studi in materia, dagli anni precedenti la crisi economica (2000-2006) fino alla ripresa. Se si mettono a confronto i dati delle diverse realtà, in particolare le aree più svantaggiate – si legge nel dossier di valutazione – emerge che l’obiettivo di ridurre le differenze tra Nord e Sud, tra i luoghi delle opportunità e quelli dell’esclusione, non ha avuto ovunque esiti molto positivi. “L’Italia ha il valore più basso di sviluppo sociale nell’Unione europea e il suo Mezzogiorno è la più grande area depressa del continente”. E questo nonostante gli ingenti finanziamenti destinati in trent’anni di programmazione, 46,5 miliardi di euro su 352 totali di fondi strutturali da erogare solo nel ciclo 2014-2020.
Secondo gli economisti, i problemi affondano le radici nel passato ma dipendono anche dalle attuali capacità amministrative e dal contesto socio-istituzionale in cui le politiche operano. Dall’analisi degli esperti emerge infatti, che mentre in alcune regioni europee l’impatto dei fondi strutturali sul Pil pro-capite è stato significativo (la Germania ha registrato la maggiore crescita regionale), i risultati per quelle italiane sono stati meno positivi e gli effetti più modesti. Il Sud è quello che registra maggiori ritardi nella quantità e qualità dell’offerta di quasi tutti i servizi essenziali (giustizia, sanità, istruzione, sicurezza, servizi pubblici locali); forti carenze e lentezze burocratiche si riscontrano sia in fase di programmazione che in fase di esecuzione; elevata è stata in generale la frammentazione negli interventi e obiettivi.
La politica di coesione, dunque, rappresenta uno spreco di risorse o si può ancora considerare un pilastro dell’azione UE? E se è così, come potrebbe diventare più efficace dove il sistema manifesta arretratezza? Gli esperti ritengono che rappresenti ancora una risorsa che vada, anche dopo il 2020, opportunamente indirizzata, anche ad esempio redistribuendo le risorse dalle regioni troppo sussidiate e rendendo maggiormente complementari i suoi obiettivi con la dotazione di capitale territoriale per regione.
Per approfondimenti consulta la pagina dedicata al dossier sul sito del Senato.