Sembra una multa per divieto di sosta, ma in realtà è una truffa ben architettata: come riconoscerla e a quali rischi si va incontro.
Capita a tutti, almeno una volta nella vita. Cerchi parcheggio, non lo trovi e ti fermi sul divieto di sosta, sperando che nessuno esca proprio in quel momento. Ma può succedere anche il contrario: parcheggi convinto che vada tutto bene e, puntualmente, arriva la sanzione a casa. Cambia l’ordine dei fattori, ma non il risultato: hai commesso un’infrazione e ora devi pagare.

Nessun dramma, soprattutto se si tratta di cifre irrisorie, sotto i 25€. Il problema nasce quando quella multa è in realtà falsa, e pagarla ti fa cadere in una trappola informatica costruita su misura.
È quello che sta succedendo a moltissimi automobilisti che, ignari del raggiro, finiscono per consegnare i propri dati bancari a truffatori pronti a svuotarli.
La truffa della multa di divieto di sosta
Sembra una multa da 25€, di quelle che paghi senza pensarci troppo pur di toglierti il pensiero. E invece è una trappola, architettata fin nei minimi dettagli per sembrare vera.

La nuova truffa gira via e-mail e sfrutta il logo di pagoPA, il sistema ufficiale di pagamento usato da molte pubbliche amministrazioni. In pratica, arriva un messaggio che invita a saldare una presunta multa per divieto di sosta. Importo basso, link al pagamento, riferimenti normativi: tutto sembra al posto giusto. Ma non lo è.
Dietro la comunicazione c’è un sito finto ma identico a quello di pagoPA, registrato con domini-trappola come pagopa-it[.]com o modificadati[.]com.
Chi clicca e inserisce i propri dati – nome, indirizzo, numero di telefono, e infine la carta – consegna tutto direttamente ai truffatori, che poi rivendono le informazioni o le usano per frodi finanziarie.
A lanciare l’allarme è stato il CERT-AgID, l’organismo che monitora la sicurezza informatica in Italia, attraverso un avviso ufficiale sul proprio canale Telegram. L’ente ha ricostruito nei dettagli la dinamica dell’attacco, evidenziando anche le incongruenze che dovrebbero far scattare il campanello d’allarme: tra tutte, il riferimento normativo errato. Il messaggio parla infatti di divieto di sosta, ma cita l’articolo 142 del Codice della Strada, che riguarda i limiti di velocità.
Un dettaglio sottile, ma determinante. Perché è proprio così che una finta multa si trasforma in un furto d’identità. Chi è caduto nel raggiro spesso se ne accorge troppo tardi. E chi ancora non l’ha ricevuta farebbe bene a sapere che non tutte le multe vanno pagate. Alcune vanno ignorate. E segnalate.