Può davvero l’amministratore decidere da solo e imporre spese ai condòmini senza una votazione? La recente giurisprudenza chiarisce cosa è legittimo e cosa no
Con la recente sentenza n. 14871 del 3 giugno 2025, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio centrale nella gestione degli immobili in ambito condominiale: in presenza di gravi difetti costruttivi che interessino le parti comuni dell’edificio, l’amministratore può agire in giudizio senza preventiva autorizzazione dell’assemblea.

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La vicenda esaminata riguarda un’opposizione a un decreto ingiuntivo presentata da un condominio nei confronti dell’appaltatore, che aveva eseguito lavori sulle facciate e sui balconi dell’edificio. Il condominio ha contestato l’incompletezza delle opere e denunciato vizi rilevanti, chiedendo il risarcimento del danno. L’appaltatore ha invece eccepito la mancanza di una delibera assembleare che legittimasse l’azione.
Il giudice di primo grado ha rigettato la domanda del condominio, ritenendo che l’amministratore non avesse titolo per agire. In appello, però, la decisione è stata completamente ribaltata: il tribunale di secondo grado ha riconosciuto il diritto dell’amministratore di procedere autonomamente, considerando tempestiva la denuncia dei vizi e quantificando il risarcimento in 40.000 euro. La Cassazione ha confermato l’impostazione dell’appello, rigettando il ricorso dell’appaltatore e riconoscendo che, nei casi in cui vi siano gravi difetti alle strutture comuni, non è necessaria una delibera condominiale per agire.
Quando l’amministratore può agire senza delibera assembleare
La Corte ha ribadito che, in virtù dell’articolo 1130 del Codice Civile, l’amministratore ha il dovere di compiere atti conservativi sui beni comuni. Questo potere comporta anche la possibilità di promuovere azioni giudiziarie per tutelare l’edificio, senza bisogno di passare dall’assemblea. In particolare, può procedere:

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- contro l’appaltatore per la rimozione dei gravi difetti ex art. 1669 c.c.;
- per ottenere il risarcimento dei danni sulle parti comuni;
- anche quando i difetti incidano su proprietà esclusive, purché la causa del danno sia comune.
Tale potere, tuttavia, non si estende automaticamente alla tutela dei diritti individuali dei singoli condòmini, che restano titolari esclusivi delle azioni risarcitorie relative alle rispettive unità, salvo mandato specifico. Altro aspetto rilevante riguarda la tempestività della denuncia dei vizi. Nel caso esaminato, le comunicazioni del condominio sono risultate valide, poiché inviate entro i 60 giorni previsti. La Corte ha chiarito che non è il collaudo a determinare la decadenza dalla garanzia, ma la comunicazione regolare dei difetti entro i termini di legge.
Va inoltre distinta la doppia garanzia prevista dal Codice Civile. L’art. 1667 c.c. si applica in caso di vizi o difformità dell’opera, con termini più brevi. L’art. 1669 c.c. riguarda invece i difetti gravi, che compromettono la stabilità o l’abitabilità dell’edificio: la responsabilità dell’appaltatore si estende fino a dieci anni, con denuncia entro un anno dalla scoperta. Secondo la Cassazione, i gravi difetti costituiscono una categoria autonoma ma complementare rispetto a quelli previsti dall’art. 1667, e in alcuni casi le due tutele possono coesistere. In conclusione, si rafforza l’autonomia dell’amministratore nel tutelare l’integrità dell’edificio, consentendogli di agire anche in giudizio, senza necessità di delibera, quando siano in gioco sicurezza e conservazione delle parti comuni.