Criptovalute nel 730, attenzione agli errori: obblighi di monitoraggio e sanzioni fino al 15% per chi non le dichiara
Le criptovalute nel 730 rappresentano oggi uno degli aspetti fiscali più delicati per i contribuenti italiani. Dal 2024, infatti, l’obbligo di dichiarare le cripto-attività nel nuovo Quadro W del modello 730 è stato reso esplicito e rafforzato dalle nuove istruzioni 730/2025.

Le criptovalute, come Bitcoin o Ethereum, sono considerate attività finanziarie estere e, pertanto, rientrano negli obblighi di monitoraggio fiscale. Il quadro W è la versione “semplificata” del vecchio quadro RW del modello Redditi, e serve a monitorare investimenti e cripto-attività detenute anche in Italia. La loro omissione non è una semplice dimenticanza, ma può comportare sanzioni significative.
I contribuenti sono tenuti a:
- indicare il valore in euro al 31 dicembre dell’anno fiscale;
- riportare il valore iniziale, finale e i giorni di detenzione;
- compilare il quadro anche se le criptovalute sono custodite presso intermediari italiani;
- barrare la casella “solo monitoraggio” se l’imposta sul bollo cripto (2‰) è già stata versata dall’intermediario.
Nel caso in cui l’intermediario non abbia applicato il bollo, è il contribuente a dover liquidare l’IC 0,20% compilando anche la sezione IV del quadro W.
Le criptovalute nel 730: obblighi fiscali e sanzioni
L’omessa indicazione delle criptovalute nel 730 comporta pesanti sanzioni, come previsto dall’articolo 5, comma 2 del DL 167/1990. La sanzione varia dal 3% al 15% degli importi non dichiarati, anche se non si applica il raddoppio previsto per i paesi a fiscalità privilegiata. In caso di dichiarazione tardiva entro 90 giorni, la sanzione è fissa a 258 euro.

È importante sottolineare che l’obbligo di dichiarazione vale:
- indipendentemente dalla modalità di custodia (wallet, piattaforma, chiavetta);
- anche in caso di self-custody o deposito presso exchange esteri;
- per tutte le cripto-attività (inclusi NFT, stablecoin, staking, ecc.).
Sono previste alcune eccezioni, ad esempio:
- se la cripto-valuta deriva da attività di staking con accredito da soggetto italiano che ha già applicato la ritenuta;
- se il bollo è già stato assolto dall’intermediario italiano e si barra l’opzione “solo monitoraggio”.
Oltre al monitoraggio nel quadro W, le eventuali plusvalenze da cessione di criptovalute nel 730 devono essere riportate nel nuovo quadro T del modello 730 o nel quadro RT del modello Redditi PF, e sono soggette a imposta sostitutiva del 26% oltre la franchigia di 2.000 euro. Inoltre, è fondamentale conservare tutta la documentazione che attesti acquisti, vendite e valori di mercato al fine di evitare contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate.
In conclusione, chi possiede cripto-attività deve prestare massima attenzione alla corretta compilazione della dichiarazione. Non farlo può costare caro.