Calcolo dei giorni per la Naspi, ecco perché contano anche questi giorni in cui non hai lavorato: c’è la sentenza.
La Naspi continua ad essere una delle misure intorno alla quale più si discute nel nostro paese, sia per la sua importanza sia perché, purtroppo, capita a moltissimi italiani di percepirla per via dell’interruzione del rapporto lavorativo. Come sappiamo, infatti, la Naspi si riceve mensilmente facendo richiesta dopo essere rimasti senza lavoro.

Dallo scorso 1°gennaio, è comunque necessario un nuovo requisito, ovvero che il richiedente abbia alle spalle almeno tredici settimane contributive per la precedente esperienza lavorativa avvenuta nei dodici mesi precedenti alla nuova cessazione involontaria dell’attività lavorativa, quella per la quale si sta richiedendo la Naspi.
Se, da una parte, ci sono quindi novità sui requisiti necessari, allo stesso modo una nuova sentenza ha fatto chiarezza su quali giorni vengono considerati utili per avere la Naspi: contano anche quelli in cui non hai effettivamente lavorato, arriva la buona notizia per molti.
Naspi e calcolo dei giorni utili, la nuova sentenza della Cassazione
Come riportato anche dal sito businessonline.it, la Cassazione (con la sentenza n.13558 2025) ha confermato quanto deciso dalla Corte d’Appello e stabilito che, nel calcolo del lavoro effettivo, rientrano anche i periodi di ferie e i riposi retribuiti, dato che fanno parte del contratto che regola il rapporto di lavoro. Il caso in questione riguardava un richiedente Naspi che, prima della disoccupazione, ha avuto sospensioni dell’attività lavorativa come contratti di solidarietà, ferie e riposi.

Secondo la sentenza n.13558 del 21 maggio 2025, quindi, per raggiungere il requisito minimo delle 30 giornate di lavoro effettivo negli ultimi 12 mesi richiesto per la Naspi, valgono anche i giorni in cui non c’è l’attività lavorativa, e quindi anche i giorni di riposo o di ferie. Il rapporto di lavoro è comunque in corso anche se il lavoratore riposa o è in ferie, e quindi sono giorni da includere.
Diverso il discorso, invece, se la sospensione lavorativa avviene in periodi tutelati dalla legge, come può essere la maternità, la malattia o la cassa integrazione; in questo caso non vanno calcolati nei dodici mesi richiesti per la Naspi, dato che sono neutralizzati. Nel caso in cui la maternità sia in corso di rapporto di lavoro, invece, risulta un’eccezione e dunque vale il discorso fatto per i giorni di riposo e le ferie. In sostanza, quindi, la sentenza della Cassazione porta notizie favorevoli ai lavoratori che sono in procinto di chiedere la Naspi.