Sgravi contributivi indebiti: il reato di indebita percezione e la sentenza della Cassazione sulle agevolazioni all’assunzione
Ottenere sgravi contributivi senza averne realmente diritto integra il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche. Lo ha chiarito in modo definitivo la Corte di Cassazione, con una recente sentenza delle Sezioni Unite (n. 11969/2025), pubblicata il 26 marzo 2025.

Questo principio giuridico è destinato ad avere un forte impatto su imprese e professionisti che, anche inconsapevolmente, omettono informazioni rilevanti per ottenere agevolazioni all’assunzione. Non si tratta più solo di ricevere fondi dallo Stato in modo illecito: anche il solo risparmio ottenuto con agevolazioni contributive può costituire reato.
Il caso esaminato riguardava una Srl che aveva assunto lavoratori da liste di mobilità, accedendo così a sgravi contributivi previsti dall’articolo 8 della legge 223/1991. Tuttavia, l’impresa aveva omesso di dichiarare una condizione ostativa: la coincidenza dell’assetto societario con quello dell’azienda che aveva precedentemente licenziato i lavoratori. In sostanza, si trattava di una strategia per proseguire l’attività imprenditoriale sotto una nuova veste, riducendo illecitamente i costi contributivi.
Secondo la Cassazione risparmiare illegalmente è considerato erogazione pubblica
Secondo le Sezioni Unite, il reato di indebita percezione si configura anche in assenza di un trasferimento diretto di denaro. È sufficiente ottenere un vantaggio economico a spese dello Stato, come appunto accade con sgravi contributivi indebiti. Il risparmio ottenuto rappresenta a tutti gli effetti un’erogazione pubblica, poiché alleggerisce oneri che graverebbero sull’impresa.

Questo principio è in linea con la normativa europea sugli aiuti di Stato, secondo cui qualsiasi misura che comporti una riduzione delle entrate pubbliche è assimilabile a un trasferimento di risorse. La pronuncia della Cassazione ha un ulteriore risvolto significativo: quando il vantaggio economico illecito viene percepito in più rate nel tempo (es. ogni mese durante i versamenti INPS), il reato si considera unitario a consumazione prolungata. Questo significa che la consumazione del reato continua fino all’ultimo beneficio indebitamente ottenuto.
Di conseguenza, anche il termine di prescrizione decorre da quel momento, e non dalla falsa dichiarazione iniziale. Per i datori di lavoro, questo si traduce in un’estensione del periodo in cui possono essere perseguiti penalmente. La sentenza ha confermato la condanna della società, con sanzioni significative: multa di 150.000 euro, interdizione dagli appalti pubblici per sei mesi e confisca di circa 3,3 milioni di euro, pari al valore degli sgravi contributivi indebitamente fruiti. Il messaggio è chiaro: chi beneficia di sgravi contributivi indebiti, anche solo omettendo informazioni essenziali, rischia conseguenze penali e patrimoniali molto gravi.