Il ceto medio ci rimette ancora una volta, nessun bonus stipendi, anzi li abbassano, ecco cosa cambia.
Il tema retribuzioni è molto caro all’Italia, perché l’inflazione sta rendendo impossibile la sopravvivenza stessa dell’intero Paese. Tutto aumenta, affitti, spese, bollette e benzina, meno che gli stipendi. Il ceto medio non esiste più, ecco cosa cambierà.

Non ci sono buone notizie per il ceto medio, ormai quasi inesistente, figuriamoci per chi riversa in condizioni umili. Il punto è che la stessa divisione in classi appare fallimentare e poco adatta a raccontare la società di oggi. I prezzi sono sempre in continuo aumento, appunto c’è l’inflazione, e la maggior parte delle persone non dispone di un potere d’acquisto degno di affrontare le sfide del quotidiano, figuriamoci se si possa parlare di risparmio.
Si tratta di un’evoluzione data dal ritocco all’addizionale regionale IRPEF la quale potrebbe davvero porre in essere un prelievo fino a 70 euro all’anno per i contribuenti. Le buste paga impattano negativamente, e le stesse pensioni maggiori a 15 mila euro annui, si trovano in una posizione poco felice.
Ma perché la decisione? Soprattutto vale per chiunque?
Gli stipendi si abbassano e addio bonus, ecco cosa cambia
La strada per l’approvazione della misura non è lontana, e si calcola la perdita media di 6 euro al mese. Non solo non si arriva a pagare tutto, si aggiunge anche il fatto che ci sono ancora meno soldi a disposizione. La Giunta Regionale non avrebbe dubbi. Gli stipendi si abbassano, non c’è nessun bonus e tentativo di Welfare ad aiutare.

La decisione è in fase di valutazione da parte della giunta regionale del Piemonte guidata dal Presidente Alberto Cirio. L’obiettivo è quello di modificare un buco che si andrà a creare. Un vuoto di 150 milioni di euro! Entro il 1° gennaio 2028 sarà necessario adeguarsi alla riforma Irpef Nazionale per diminuire gli scaglioni da quattro a tre. Senza quest’intervento, ci sarà la perdita indicata, ogni anno.
Così, al fine di non perdere quanto in indicato, si può attingere da dipendenti e pensionati che sono in una posizione più stabile. La rimodulazione prevede l’unione del secondo scaglione 15 mila- 28 mila euro, oggi al 2,13%, e un terzo scaglione entro i 50 mila euro, al 2,75%. Il primo che sta entro i 15 mila euro, ne è escluso. Non si può insistere su un’aliquota maggiore sopra i 50 mila euro, perché è già stato posto il prelievo massimo consentito.
Entro luglio si attende la decisione della Corte dei Conti, con una formalizzazione dell’assestamento di bilancio. Oppure si dovrà attendere le novità a inizio settembre. M5S, PD e AVS si stanno opponendo, perché ritengono che sia un gioco un allarme per il ceto medio fortemente penalizzato.
C’è chi chiede più trasparenza, e chi vorrebbe aiutare le famiglie attanagliate dal caro vita. Si cercano soluzioni, ma mancano riflessioni concrete.