Nessuno più la passa liscia con l’affitto in nero, ecco perché il contenuto non è diffamazione.
L’affitto in nero va regolamentato in maniera opportuna, perché chi lo chiede può essere denunciato senza remore. Non si parla più di diffamazione, la gestione del caso cambia. Ecco cosa succede davanti questa situazione.

Se si denuncia l’affitto in nero del vicino di casa all’amministratore non ci si deve sentire né in colpa, tantomeno preoccupare, perché si è a norma di legge. La Cassazione stabilisce che nel caso in cui mancasse la volontà di danneggiare la reputazione del proprietario, questa situazione non è più considerata diffamazione.
Questa la conferma della sentenza n. 22335 dello scorso 13 giugno che ha del tutto modificato le carte in tavola. Per i Giudici è abbastanza evidente, se il vicino non ha utilizzato neanche espressioni con contenuto diffamatorio. La Corte annulla la condanna nei riguardi dell’inquilina che aveva portato a conoscenza dell’amministratore la situazione.
Tutto inizia da un appartamento in condominio concesso in affitto. L’inquilina aveva raccontato il fatto mediante una raccomandata all’amministratore. Sono partite accuse gravi per cui i soci della società proprietaria dell’appartamento avrebbero convertito gli affitti brevi in quelli ad uso civile, senza registrare il contratto. Questi pretendevano di ricevere il canone in nero.
I proprietari hanno denunciato la donna per diffamazione, la quale aveva portato alla condanna dell’imputata.
Cosa è cambiato con l’affitto in nero, perché non è diffamante
La raccomandata era chiusa in una busta diretta all’amministratore del condominio, ma comunque era potenzialmente diretta a più persone. Questa era indirizzata alla sede legale della società e non recava alcuna specificazione al suo carattere personale. Che significa?

Non c’era l’idoneità per assicurare riservatezza di contenuto, poiché questa poteva essere letta e conosciuta anche dagli addetti allo smistamento della corrispondenza, per esempio. Per la Cassazione però il contenuto non è diffamante, perché le parole usate non erano offensive, non avrebbero mai potuto ledere la loro reputazione.
Per concretizzarsi ciò, occorrerebbe tenere presente il contesto ambientale e temporale in cui sono state espresse le affermazioni. Queste si inserivano in una situazione sì di conflittualità abbastanza evidente, ma non di denigrazione. La tensione era nata dalla società che aveva sublocato l’appartamento all’imputata in nero, perché non era stato registrato il contratto, e di cui si pretendeva il pagamento in contanti.
Il rifiuto dell’imputata di pagare aveva innescato un contenzione in sede civile, portando allo sfratto per mancato contratto di locazione tra le parti. Per questo la donna ha scritto all’amministratore degli illeciti commessi, e non per volontà diffamatoria. Certamente, c’è elevata conflittualità, ma nessuna volontà di danneggiare i soci indisciplinati.