I lavoratori devono conoscere la differenza di importo tra stipendio percepito e la pensione.
Se il sistema di calcolo retributivo comporta un taglio del 20% al massimo della retribuzione, con il sistema di calcolo contributivo la percentuale aumenta drasticamente soprattutto se non si ha una lunga carriera lavorativa e tanti contributi accumulati.

Quando si avvicina il momento del pensionamento i lavoratori cominciano a pensare a quale sarà l’importo dell’assegno pensionistico. In realtà bisognerebbe iniziare molto prima a porsi questo interrogativo, soprattutto se si rientra nel sistema di calcolo contributivo ossia si sono iniziati a versare contributi dal 1996 in poi. Fin da giovani bisognerebbe costruire una rendita futura che si aggiunga alla pensione, solo in questo modo ci si potrà assicurare la qualità della vita desiderata.
Purtroppo è un dato di fatto che la differenza tra stipendio e pensione diventerà sempre più ampia e questa non è una notizia da prendere alla leggera se la retribuzione è media-bassa e la carriera lavorativa ha tanti vuoti contributivi. Non solo il numero di contributi incide sulla cifra finale che si andrà a percepire. Risulta determinante anche il coefficiente di trasformazione applicato che dipende dall’età di pensionamento (più si attende più sarà vantaggioso). Inutile dire come dal 2025 i coefficienti hanno subito delle modifiche in negativo.
Differenza tra stipendio e pensione, a quanto ammonterà
Nel sistema di calcolo contributivo tutti i contributi maturati concorrono alla formazione del montante contributivo. Il contenuto di questo portafoglio virtuale viene, poi, rivalutato al tasso di inflazione anno dopo anno e il risultato moltiplicato per il citato coefficiente di trasformazione. Questa la modalità di conteggio per conoscere la rendita mensile.

In generale chi ha iniziato a versare contributi dopo il 1996 deve considerare che avendo una lunga carriera lavorativa alle spalle potrebbe avere la fortuna di percepire una pensione pari al 70% dell’ultimo stipendio (contro l’80% del sistema retributivo). Con pochi contributi e una retribuzione bassa, l’assegno pensionistico potrebbe essere la metà o ancora meno rispetto l’ultima busta paga.
In questo caso converrebbe al lavoratore rimanere nel mondo del lavoro il più a lungo possibile per tentare di sfruttare un numero maggiore di contributi e di ottenere un coefficiente di trasformazione più favorevole. Procediamo con un esempio per capire meglio. Prendiamo un lavoratore dipendente con stipendio mensile di 2 mila euro al mese. Con 20 anni di contributi a 67 anni di età percepirà 862 euro al mese mentre con una carriera di 40 anni di contribuzione maturata l’assegno pensionistico sarebbe di 1.725 euro al mese.