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Come cambieranno le pensioni nel 2026: gli scenari che gli italiani devono conoscere

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Valentina Trogu

Quali cambiamenti sono in previsione per le pensioni nel 2026? Gli italiani sperano e temono nello stesso momento.

Un eventuale annuncio di novità in relazione alle pensioni come verrebbe accolto? Naturalmente dipenderà da quali vantaggi verrebbero introdotti per i lavoratori. I cambiamenti sarebbero ben accetti se significassero scivoli più flessibili e meno penalizzazioni. In caso contrario meglio rimanere nella situazione attuale senza stravolgimenti in negativo.

Come cambieranno le pensioni nel 2026: gli scenari che gli italiani devono conoscere (Ot11ot2.it)

Negli ultimi anni la speranza di una Riforma delle Pensioni flessibile e dalla parte dei cittadini si è affievolita sempre più. Il Governo non ha le risorse per nuove misure strutturali e la situazione in cui si trova l’Italia tra inverno demografico e invecchiamento della popolazione non aiuta certo a ipotizzare scivoli di pensionamento anticipato senza penalizzazioni.

Le misure attive sono state rese più difficili da raggiungere e meno convenienti per convincere i lavoratori a non lasciare l’attività prima del tempo. Nulla di nuovo, poi, è stato introdotto. Sono state confermate Opzione Donna, l’APE Sociale e Quota 103. Nello scenario futuro, però, proprio Quota 103 – già resa particolarmente svantaggiosa – potrebbe sparire. Dubbi anche sulla sopravvivenza dello scivolo dedicato alle lavoratrici.

Prima ipotesi sulle pensioni 2026

Nel 2026 si ipotizza la cancellazione di Quota 103 che si raggiunge a 62 anni di età e con 41 anni di contributi. Al suo posto dovrebbe arrivare una misura più selettiva che tiene conto solo del sistema di calcolo contributivo. L’idea è di un pensionamento anticipato a 64 anni con 25 anni di contributi minimo destinato unicamente a chi ha iniziato a versare contributi dal 1° gennaio 1996 e ha raggiungo un assegno pensionistico pari a 3 volte l’assegno sociale.

Prima ipotesi sulle pensioni 2026 (Ot11ot2.it)

Una formula che escluderebbe tanti lavoratori dalla possibilità di lasciare in anticipo il mondo del lavoro. Resterebbero fuori coloro che hanno avuto una carriera discontinua, un reddito basso o hanno cominciato a lavorare prima del 1996. E non finisce qui. Dal 2030 si prevedono ulteriori requisiti restrittivi come 30 anni di contribuzione minima e un assegno pari almeno a 3,2 volte l’assegno sociale. Capiamo bene come poche persone potranno permettersi l’uscita anticipata con questi criteri selettivi.

In più siamo quasi alla fine della pensione di vecchiaia a 67 anni di età perché con l’aumento dell’aspettativa di vita i tempi si allungheranno, Dal 2027 serviranno 67 anni e tre mesi per il pensionamento. Allo stesso modo cambieranno i requisiti della pensione anticipata ordinaria. Saranno necessari 43 anni e 1 mese di contributi per gli uomini e 42 anni e 1 mese per le donne. Solo brutte notizie? In realtà Uil ha avanzato una proposta al Governo per il pensionamento a 62 anni con condizioni flessibili per far adeguare l’Italia ad altri Paesi UE. Una possibilità che verrà valutata?

Valentina Trogu

Giornalista pubblicista, Web content writer, scrittrice e mediatrice familiare. Laureata in sociologia-analisi delle politiche sociali. Mi occupo della stesura di articoli toccando varie tematiche tra cui economia, salute, tecnologia, attualità. In questo modo posso coltivare la mia passione per la scrittura e cercare di rendere fruibili le informazioni ad un maggior numero di persone.