Talvolta i proprietari di casa cercano di limitare la libertà degli inquilini, avvalendosi di clausole inserite nel contratto. Ma non sempre è tutto lecito.
Quando si stipula un contratto d’affitto, tra le prime cose che i coinquilini guardano c’è sicuramente l’abitazione, seguita dal canone mensile. Eppure, c’è un lato altrettanto importante che spesso viene sottovalutato: il proprietario di casa. Per quanto possa sembrare una banalità, dal momento in cui si firma un contratto d’affitto, si crea un legame impersonale ma comunque stretto tra le due parti.
Che ci piaccia o meno, abitiamo in una casa che non è nostra, e quindi dobbiamo attenerci alle sue regole. Tuttavia, anche questo principio ha un limite: non tutte le regole imposte sono lecite. Anzi, a volte risultano nulle anche se inserite nero su bianco nel contratto.
Facciamo un esempio pratico. Alcuni contratti possono limitare la presenza di animali domestici in casa. L’inquilino potrebbe accorgersene solo al momento della firma. Ecco: per la legge, il contratto può prevedere dei limiti, ma se non c’è un regolamento condominiale contrario e l’animale è tenuto in modo responsabile, quel divieto potrebbe non avere alcun valore. E come questo caso, ce n’è un altro altrettanto insidioso – e tutt’altro che raro.
C’è un limite che molti proprietari tendono a dimenticare, o fanno finta di non conoscere: la casa in affitto non smette di essere una casa. Chi ci vive, anche se non ne ha la proprietà, ha diritto a farlo come meglio crede – nei limiti della legge, certo – ma con piena libertà di condurre la propria vita, comprese le relazioni che intende coltivare tra quelle mura. Eppure, capita che nel contratto d’affitto spunti una clausola che vieta l’ingresso ad amici o ospiti, o che impone limiti assurdi e non giustificati.
È una di quelle frasi che si leggono distrattamente, convinti che ‘tanto non la farà mai valere’, ma che nei fatti nasconde una pretesa: il controllo su chi entra e chi esce da casa nostra.
La buona notizia è che la legge è dalla parte dell’inquilino. Nessun contratto può vietare in modo assoluto l’ospitalità, perché una casa resta il luogo della propria intimità e libertà personale. Lo ha detto chiaramente anche la giurisprudenza: un divieto generico o permanente di ospitare amici, partner o parenti è nullo, anche se è scritto nero su bianco.
Altra cosa è la sublocazione mascherata, cioè quando qualcuno vive lì stabilmente e magari paga una quota: in quel caso la clausola può reggere. Ma se parliamo di ospitalità temporanea e gratuita, nessuno può impedirla. Eppure, sono tanti i contratti in circolazione che cercano di limitarla. E non tutti sanno che, in caso di controversia, quelle clausole possono essere impugnate e annullate. La casa sarà anche del locatore, ma la vita che ci scorre dentro, quella no.