Cosa si nasconde dietro il desiderio di approvazione altrui? I people pleaser non sono dei soggetti deboli.
I people pleaser sono soggetti che tendono a compiacere, fino all’esasperazione, i membri della loro cerchia famigliare e amicale.

Cosa si nasconde dietro questa dipendenza dall’approvazione altrui? C’entra la cosiddetta validazione emotiva.
Dipendenza dall’approvazione altrui e validazione emotiva: la correlazione
Non si parla di indole, di carattere, bensì di risposta ai traumi infantili. Per comprendere il comportamento insicuro dei soggetti che tendono a sviluppare una dipendenza dall’approvazione altrui, dobbiamo necessariamente abbandonare il pregiudizio ed evitare che la nostra mente ci porti automaticamente ad associare questi comportamenti alla debolezza. Se fosse così semplice, coloro che ne sono affetti troverebbero facilmente la chiave di volta per cambiare. Purtroppo, non è così.

La dipendenza dall’approvazione altrui nasce da un disagio correlato alla bassa autostima. Il soggetto in primis non si sente “speciale” e dunque ha bisogno che, per lo meno gli altri, percepiscano in lui una flebile luce attrattiva. L’errore più comune è quello di associare l’autostima alla mera presenza fisica e al carisma, quando – in realtà – è frutto della gestione delle nostre emozioni. Per sviluppare consapevolezza di sé, sin dall’infanzia è importante validare ciò che sentiamo.
Esempio: se un genitore tende a sminuire il malessere del figlio, cercando a tutti i costi di rimetterlo in riga, è possibile che quel bambino – crescendo – senta di non avere il diritto di manifestare le proprie emozioni negative, producendo inevitabilmente un comportamento paranoico o passivo-aggressivo. Una scena del noto lungometraggio The Help mostra chiaramente questa dinamica. La figlia di una delle protagoniste fa, per la prima volta, i bisogni nel water e non nel vasino.
Purtroppo però, sceglie il momento sbagliato, utilizzando uno dei sanitari esposti al quartiere per la vendita. La madre interviene indignata, dandole una schiaffo e mortificandola davanti a tutti. Ebbene, non dobbiamo approcciarci con una mente adulta al bambino. Un infante non sa cosa è consuetudine fare e cosa no. La bambina voleva solo mostrare alla madre la sua conquista: essere riuscita a usare il water da sola.
Interviene la tata, che ridimensiona la portata della potenziale ferita: “Sei gentile, sei intelligente, sei importante”. La validazione emotiva è proprio questo, ricordare all’altra persona che è importante. Per cui, ogniqualvolta vi confrontate con un soggetto insicuro, è opportuno ricordare che quella “debolezza” – se proprio vogliamo definirla così – nasce dal desiderio di autodeterminazione. Una volontà che trova ragione nel pensiero altrui: non riesco ad autodeterminarmi da solo, spero che lo facciano gli altri al posto mio.