Il Rapporto DESI 2019, pubblicato lo scorso giugno e articolato in report nazionali e capitoli tematici, mostra un generale miglioramento di tutti gli Stati membri nel settore della digitalizzazione. Finlandia, Svezia, Paesi Bassi e Danimarca hanno ottenuto il punteggio più alto, seguiti da Regno Unito, Lussemburgo, Irlanda, Estonia e Belgio.
Irlanda, Lituania, Lettonia, Cipro e Spagna hanno fatto il maggior progresso (di oltre 15 punti) negli ultimi cinque anni. L’Italia, pur registrando significativi progressi, si colloca in fondo alla classifica, insieme a Bulgaria, Romania, Grecia e Polonia.
L’indice viene calcolato prendendo in considerazione 34 indicatori raggruppati in 5 aree tematiche:
- connettività
- capitale umano
- uso dei servizi Internet
- integrazione delle tecnologie digitali
- servizi pubblici digitali
Per calcolare il punteggio complessivo di un Paese, a ciascun gruppo e sottoinsieme di indicatori è stato -assegnato uno specifico peso da parte di esperti della Commissione europea. Connettività e abilità digitali (“capitale umano”), contribuiscono ognuna per il 25% del punteggio totale. L’integrazione della tecnologia digitale rappresenta il 20%, dal momento che l’uso delle TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) da parte del settore delle imprese è uno dei fattori trainanti più importanti della crescita. Infine, l’utilizzo dei servizi Internet da parte dei cittadini e le dimensioni dei servizi pubblici digitali contribuiscono ciascuno al 15%.
Al fine di migliorare la metodologia e prendere in considerazione gli ultimi sviluppi tecnologici, rispetto al 2018, sono state apportate alcune modifiche al DESI 2019 che ora comprende:
- preparazione al 5G;
- competenze digitali superiori a quelle di base;
- competenze di base in materia di software;
- specialisti TIC di sesso femminile;
- laureati nel settore TIC;
- individui che non hanno mai usato Internet;
- social network professionali;
- frequentazione di corsi online;
- consultazioni e votazioni online;
- vendita online da parte di individui;
- big data;
- scambio di dati medici;
- ricette digitali.
Il DESI per gli anni passati è stato ricalcolato per tutti i Paesi in esame, al fine di rispecchiare le modifiche sopraelencate nella scelta degli indicatori e le correzioni ai dati sottostanti. I punteggi e le posizioni in classifica dei paesi possono quindi aver subito cambiamenti rispetto alle edizioni precedenti.
Per approfondimenti consulta il DESI 2019
Per quanto riguarda la connettività alle reti a banda larga, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia mostrano i più alti livelli complessivi di connettività. La banda larga fissa è disponibile per il 97% degli europei e l’83% delle abitazioni europee è coperto da banda larga veloce (almeno 30 Mbps). La connettività ultraveloce, misurata per la prima volta da DESI (almeno 100 Mbps), è disponibile per il 60% degli europei.
La copertura media dei dispositivi mobili 4G si attesta al 94% della popolazione dell’UE (dall’85% nel 2016), mentre ci sono 96 abbonamenti alla banda larga mobile per 100 persone (rispetto ai 67 del 2014).
Il 77% delle case europee è abbonato alla banda larga fissa e il 41% di tutte le case ha almeno 30 Mbps. I risultati mostrano anche che avere una connessione a banda larga ultraveloce è sempre più comune. Il 20% delle abitazioni si abbonano alla banda larga ultraveloce, che è quattro volte superiore rispetto al 2014.
In termini di preparazione al 5G, 12 Stati membri hanno già assegnato parti dello spettro delle bande pioniere del 5G.
Per quanto riguarda la dimensione del capitale umano, il 43% degli europei non ha ancora competenze digitali di base. C’erano 8,4 milioni di specialisti ICT nell’UE nel 2017, in crescita rispetto ai 7,5 milioni di 3 anni prima. Finlandia, Svezia e Lussemburgo hanno i punteggi più alti in questa dimensione.
Sull’uso dei servizi Internet si registra un 83% degli europei che svolge regolarmente attività online (almeno una volta alla settimana), con 2 punti in più rispetto all’anno precedente. L’81% degli utenti di Internet ascolta musica, guarda video o gioca online, il 72% legge notizie online, il 49% effettua chiamate video o audio, il 65% utilizza social network, il 69% acquista online e il 64% utilizza l’online banking.
Progressi si registrano anche sul fronte dell’integrazione delle tecnologie digitali da parte delle aziende europee. Ciò include l’uso di software aziendali per la condivisione di informazioni elettroniche (dal 26% nel 2013 al 34% delle imprese nel 2017), il cloud computing (dall’11% nel 2014 al 18% nel 2018) o l’utilizzo di social media per coinvolgere i clienti e partner (dal 15% nel 2013 al 21% nel 2017). Questa tendenza è più avanzata in Irlanda, Paesi Bassi e Belgio.
Anche l’uso dell’e-commerce nelle PMI è leggermente aumentato (dal 14% nel 2013 al 17% delle PMI nel 2017). Tuttavia, meno della metà di quelli che commerciano online vende ad altri Stati membri dell’UE.
In relazione ai servizi pubblici digitali, il 64% degli utenti di Internet che hanno inviato moduli alla PA ha utilizzato il canale online nel 2018 (57% nel 2014). Mentre il 18% delle persone ha utilizzato i servizi sanitari online (2017), il 50% dei medici di medicina generale ha utilizzato le prescrizioni elettroniche nel 2018, quasi il doppio rispetto al 27% del 2013. Il 43% dei medici di medicina generale scambia dati medici con ospedali o specialisti (36% nel 2013). I Paesi più avanzati nel campo dei servizi pubblici digitali sono Finlandia, Estonia e Paesi Bassi.
L’Italia si colloca al 24° posto fra i 28 Stati membri dell’UE, pur risultando in crescita in alcuni ambiti come connettività e servizi pubblici digitali. Esaminiamo con maggior dettaglio i dati relativi alle 5 aree di valutazione.
Con un punteggio complessivo in termini di connettività pari a 57,6, l’Italia si piazza al 19° posto fra gli Stati membri dell’UE, risalendo di sette posizioni rispetto alla classifica DESI dell’anno scorso. La copertura delle reti fisse a banda larga è leggermente aumentata fino a superare il 99,5%. L’Italia ha visto un ulteriore significativo incremento della copertura della banda larga veloce (NGA), raggiungendo il 90% delle famiglie e superando dunque la media UE (83%). Per quanto riguarda invece la banda larga ultraveloce (100 Mbps e oltre) l’Italia appare ancora in ritardo (con una percentuale pari ad appena il 24% in confronto a una media UE del 60%) e si piazza in prossimità del fondo classifica (27° posto), pur se con un lieve tasso di crescita. L’Italia è inoltre a buon punto per quanto riguarda l’assegnazione dello spettro 5G, posizionandosi al 2° posto con una percentuale del 60% rispetto al 14% della media europea.
Per quanto riguarda il capitale umano, l’Italia si piazza al 26°posto fra gli Stati membri dell’UE. Il livello delle competenze digitali di base e avanzate degli italiani è al di sotto della media UE. Solo il 44% degli individui tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base (57% nell’UE). La percentuale degli specialisti TIC rimane stabile, sebbene questi abbiano una minore incidenza sulla forza lavoro rispetto all’intera UE (2,6% rispetto al 3,7% nell’UE). Per quanto riguarda i laureati in possesso di una laurea in TIC, l’Italia si posiziona ben al di sotto della media UE con solo l’1% di laureati. Tra le donne che lavorano solo l’1% è specializzato in TIC.
L’Italia risulta ben sotto la media europea anche sull’uso di servizi Internet. Il 19% degli individui residenti in Italia, quasi il doppio della media UE, non ha mai usato Internet. Le attività online più diffuse sono lo streaming o il download di musica, guardare video e il gioco online. Seguono l’uso dei social network e la lettura delle notizie online (sebbene questa attività si trovi all’ultima posizione tra i 28 Stati membri dell’UE). Frequentare corsi online è l’attività meno diffusa (sebbene sia più diffusa rispetto ad altri paesi UE). L’uso di servizi di video on demand (23% contro il 31% nell’UE) è l’attività online che ha registrato l’aumento maggiore dall’anno passato (ben 8 punti percentuali)
Sul fronte dell’integrazione delle tecnologie digitali da parte delle imprese, l’Italia si posiziona al 23° posto. Ci sono stati alcuni progressi nell’uso di servizi cloud ed e-commerce, tuttavia le imprese Italiane non riescono ancora a sfruttare appieno le opportunità offerte dal commercio online. Solo il 10% delle PMI vende online (ben al di sotto della media UE pari al 17%), solo il 6% effettua vendite transfrontaliere e solo l’8% circa dei loro ricavi proviene da vendite online. Oltre il 37% delle imprese condivide informazioni per via elettronica all’interno dei propri dipartimenti aziendali (percentuale al di sopra della media UE pari al 34%). La relazione nazionale sul nostro Paese evidenzia in particolare la necessità di ulteriori sforzi sistemici per elevare il livello di digitalizzazione delle PMI.
Sul fronte dei servizi pubblici digitali il nostro Paese si posiziona al 18° posto tra gli Stati membri (era 19° nella precedente edizione, 20° in quella 2017), ottenendo un punteggio di 58,7 punti (+8,8 rispetto al 2018) contro una media europea di 62,9. Buoni i risultati su open data (l’Italia sale dall’8° al 4° posto, con un punteggio dell’80% a fronte del 64% dell’UE) e servizi di sanità digitale (Italia in 8° posizione con il 24% di cittadini che hanno usufruito di servizi di sanità digitale, a fronte di una media europea del 18%).
Notevoli anche i progressi relativi ai moduli precompilati, con l’Italia che, pur sotto la media, sale dal 21° al 19° posto, con un incremento di ben 15 punti rispetto alla precedente rilevazione. Risultati incoraggianti anche sul fronte del livello di completezza dei servizi online, dove l’Italia ottiene un punteggio di 91/100, superiore alla media UE (87/100), passando dal 14° al 12° posto. Si allinea inoltre perfettamente alla media europea, con un punteggio di 85, per quanto riguarda i servizi digitali pubblici per le aziende. Resta invece basso il livello di interazione online tra enti pubblici e utenza (indicatore “Utenti eGovernment”): infatti, solo il 37% degli utenti di Internet italiani che hanno bisogno di inviare moduli a una PA sceglie i canali online (secondo peggior risultato nel panorama comunitario), contro una media europea del 64%.
Per saperne di più consulta il Report relativo all’Italia